mercoledì 14 maggio 2014

MATTEO GUARNACCIA: Ecco perchè parlo degli sciamani oggi



INTERVISTA A CURA DI: Andrea Zampieri

The Smiling Shaman. Così si intitolava ironicamente una vecchia raccolta antologica di disegni di Matteo Guarnaccia che acquistai molti anni prima di conoscerlo personalmente. Ebbi però presto la sensazione che oltre lo scherzo ci fosse del vero, data la forza evocativa che i suoi disegni e dipinti avevano sulla mia psiche in quel punto così particolare della mia vita in cui era giunto il momento di un cambiamento interiore non da poco. Un “Dietro-front!” sull’orlo del baratro. Da allora passarono gli anni ed ebbi poi modo di conoscerlo e frequentarlo saltuariamente. Ogni volta, davanti a quel suo sorriso pieno di buone vibrazioni, non ho potuto far altro che convincermi che quella mia sensazione iniziale fosse corretta. Così oggi mi trovo qui, nei pressi di uno dei più bei parchi cittadini che Milano possa offrire ai suoi abitanti, a parlare con lui proprio di sciamanesimo, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro Sciamani: Istruzioni per l'uso edito da Shake ( www.shake.it ). Seduti ad un tavolo all’aperto, il cielo scuro e minaccioso tipico di questi strani giorni di maggio si apre e lascia passare un fascio di luce solare che ci avvolgerà per tutta la durata della chiacchierata. Il rombo dei motori impazziti, troppo vicini a quell’oasi di verde, non riesce a coprire la voce di Matteo.




Che cosa dovrebbe spingere un lettore ad approfondire il tema dello sciamanesimo oggi?

Chi mi conosce probabilmente sa cosa aspettarsi dal libro e qual è l’approccio, il modello narrativo che uso di solito nei miei saggi. Lo sciamanesimo rimane, per tutti gli altri, un tema di solito trattato in modo piuttosto rigoroso, spesso basandosi sul fatto che l’esperienza spirituale sia qualcosa di sconnesso rispetto alla vita quotidiana e reale. Lo sciamanesimo è comunque, inaspettatamente anche per me, tornato ad essere un tema centrale, probabilmente sull’onda della cosiddetta New Age e delle terapie di guarigione spirituale che da essa spesso derivano. Ma non solo. C’è una nutrita comunità di studiosi, sperimentatori e  scienziati che trova nello sciamanesimo un approccio ai concetti di “natura” e “psiche” molto moderno, e molto lontano dallo stereotipo che di solito presenta lo sciamano come un personaggio pittoresco ed esotico, più centrato sull’apparenza del proprio costume che sull’essenza delle esperienze che vive. In questo modo l’esperienza sciamanica potrebbe sembrare qualcosa di molto distante, che non ci appartiene, mentre è in verità parte integrante della nostra cultura e della nostra vita. In fondo, lo sciamanesimo nasce insieme all’uomo, e probabilmente prima di ogni religione. Di fatto è una modalità di approcciare la nostra psiche, che da sempre è nel nostro DNA.
L’esperienza sciamanica ci ricorda che l’uomo è parte integrante della natura, ma non deve assolutamente considerarsi al di sopra di essa, come invece accade da tempo con risultati catastrofici sullo stato di salute del pianeta. Per la terra siamo diventati una forma di vita decisamente ingombrante, e lo sciamanesimo può senz’altro aiutare a ricordarci qual è il nostro posto nel mondo.



Perché per uno sciamano è importante l’aspetto estetico del proprio costume, da te approfonditamente sviluppato nel libro attraverso una serie di tavole e disegni esplicativi?

Spesso dimentichiamo di avere un immaginario, e che esso si evolve e cresce nell’arco di millenni di storia del genere umano attraverso dei simboli, come Jung ha per altro ben spiegato nei suoi studi e trattati. Il costume sciamanico è una mappa simbolica che permette di comprendere alcuni passaggi dell’esistenza, spesso rappresentando come simboli animali e forze della natura.
Lo sciamano ha il compito di mostrare alla comunità i livelli di conoscenza ai quali è possibile arrivare, e lo fa attraverso delle esperienze di viaggio che sa padroneggiare. In questo senso parliamo del costume come di una “mappa”. Alle stesse esperienze l’uomo comune potrebbe arrivare per casualità, studio, incidente, ma per lui sarebbe difficile tornare indietro per elaborare, comprendere e comunicare l’esperienza ad altri. Il costume dello sciamano, come la musica, la poesia, e altri mezzi, racconta l’esperienza alla comunità. Dichiararsi “uomo”, o scientificamente Homo Sapiens, significa poter dire di conoscere il proprio posto nel mondo. Il costume dello sciamano è la mappa su cui è segnato questo posto.

Le esperienze sciamaniche vengono sempre associate alle zone dove tradizionalmente hanno in passato messo profonde radici. Pensiamo all’Oriente, alla Siberia e in generale al Sudamerica. L’occidente ha mai avuto una propria tradizione sciamanica?

L’ha certamente avuta ai tempi dell’antica cultura ellenica, fino all’avvento dell’antico impero romano.
Pensiamo ad esempio al culto dei misteri Eleusini, ed in generale a tutte le antiche pratiche orientate alla comprensione e al culto delle figure femminili. Lo sciamano, quasi sempre figura maschile, non fa altro che rendere manifesto quel mistero della creazione che è proprio della donna, che lo vive del tutto naturalmente senza troppo soppesarlo. La donna non ha bisogno di comprenderlo ed elaborarlo con l’intelletto, Semplicemente lo incarna, più o meno  coscientemente da sempre. La creatività nel senso più ampio è letteralmente “dare vita”.

Parlando di Creatività come fulcro dell’esperienza sciamanica, è quindi  corretto individuare in certi artisti occidentali del secolo scorso ed attuale una sorta di sciamano occidentale? Sto pensando a Jodorowsky, Allen Ginsberg,  ma anche a te e Claudio Rocchi…

Come dicevamo prima, lo sciamanesimo ci accompagna da sempre, ed è parte del nostro vissuto. Uno dei territori in cui i “segni” dello sciamanesimo permangono e sono maggiormente protetti e si fanno più nitidi è proprio l’arte, in ogni sua manifestazione.
Nella concezione originale dei sogni dei maledetti francesi dell’Ottocento l’arte dovrebbe corrispondere alla vita, l’arte è la vita stessa, anche se di fatto poi la civilizzazione occidentale ha operato una sorta di “specializzazione” delle esperienze emozionali. Se l’antico sciamano era di fatto medico, artista, poeta, psicologo, il mondo moderno non sa che farsene di una figura aperta a tutta una serie di esperienze differenti. Anzi, per chi detiene il potere, una figura completa e libera, capace di sopravvivere in assoluta solitudine, eppure con un proprio ruolo centrale nella comunità come lo sciamano, è piuttosto pericolosa e destabilizzante. Il potere ha bisogno di gente “asservita”. Nelle culture tribali, anche se ogni membro aveva proprie caratteristiche e ruoli, non fuggiva dalle esperienze in altri ambiti. Già in quel tempo, avevano compreso che ogni uomo è in realtà molte persone differenti, come ci ricorda Jodorowsky. L’arte è l’ambito in cui storicamente il potere ha concesso che certe energie venissero esplicitate. E se si tratta di vera arte, pur popolare che sia, essa smuove sempre le energie interiori dell’artista e di chi fruisce della sua opera o del suo gesto artistico. L’artista “fruga” dentro sé senza sapere a priori cosa potrà tirare fuori, e si tratterà sempre di qualcosa che è a priori “non spendibile”. Magari lo diventerà decenni o secoli dopo. L’arte è il territorio in cui tutto è già stato fatto, ma quando ancora non era il momento. E’ l’offrire un nuovo punto di vista sulla vita. E’ far cambiare aria alla società quando è pressoché asfissiata.
E’ in fondo quel che accadde con l’avvento del Rock’n’Roll di Elvis. Prendi ad esempio l’immagine di copertina del suo primo disco, in cui lui appare sul palco completamente sfatto, quasi posseduto. Quello è qualcosa che prima non si era mai visto.
L’artista col suo gesto lancia dei segnali, ed il fruitore, che ha un ruolo tutt’altro che passivo, si trova “agganciato” all’esperienza artistica che gli permette di aprire delle porte che erano già da sempre presenti in lui, e che lo fanno evolvere. Che si tratti di quadri, immagini, musiche o poesie, il fruitore diventa “complice” dell’opera artistica e dell’artista, e dall’opera viene preso e compreso. Questo fenomeno oggi va contro la logica dell’intrattenimento, che ci vorrebbe tutti passivamente assorti.
Come ti sarà forse capitato di constatare personalmente, in una libreria, a volte i libri costituiscono un vero e proprio “richiamo” incomprensibile all’analisi intellettuale, perché si tratta di autori e titoli sconosciuti, magari con copertine piuttosto brutte, eppure poi la loro lettura si rivela tanto importante da cambiarci un po’ la coscienza e la vita. Questo può essere un piccolo esempio di come l’arte e lo sciamanesimo siano strettamente legati.
Il tasto dolente dell’ambito artistico è che mentre l’esperienza sciamanica in origine era mirata alla crescita della comunità, la fruizione artistica agisce sul singolo, e solo in rari casi come esperienza collettiva. Penso ai rave parties e ai concerti rock, che sono dei surrogati moderni degli antichi rituali collettivi di iniziazione.
Penso soprattutto ai primi Rockers dell’epoca di Elvis e Jerry Lee Lewis, che officiavano dei veri e propri riti collettivi con i quali riuscirono a far esplodere beneficamente le energie compresse indotte nella gioventù di allora dall’esperienza delle guerre mondiali. Nel rito del Rock il corpo, la mente e il suono sono tutt’uno.

Hai mai avuto occasione di conoscere personalmente uno sciamano? Si trattava di persone dotate di particolari caratteristiche, oppure erano all’apparenza piuttosto inosservate?

Se parliamo di sciamani in termini “tradizionali”, ad esempio quelli siberiani o messicani, no.
Però ho incontrato persone come Albert Hoffmann in cui ho riconosciuto la saggezza e la sapienza tali da farmi riscoprire delle energie sottili che avevo già  in me ma non riconoscevo. Era una persona indubbiamente legata ai riconoscimenti raggiunti in ambito scientifico per la scoperta dell’LSD e non solo, ma era anche capace di una sensibilità e di una semplicità più uniche che rare. Era estremamente legato alla contemplazione della natura in ogni sua forma. Amava le farfalle e gli animali selvatici al punto da far crescere selvaggiamente l’erba e le piante del suo giardino affinchè gli animali potessero trovare un habitat a loro congeniale e si avvicinassero per farsi ammirare. Aveva compreso che la più alta forma di conoscenza è l’amore, e questo cercava di trasmettere anche a chi ancora lo assillava con le solite domande sull’LSD. Se l’umanità non riuscirà in breve a comprendere che siamo parte di un “tutto”, sarà destinata prima o poi a soccombere e sparire. Siamo invece destinati, nei piani originali, ad essere parte di un “matrimonio alchemico” con il creato. Poi, certo, ci spetta il compito non facile di evolverci aprendo tutti i possibili canali di comunicazione meno convenzionali per entrare in contatto e rispettare tutto il creato. Sono i bambini, leggeri e privi delle nostre sovrastrutture ed esperienze, a riuscire naturalmente in questo. Loro sanno, senza alcuno sforzo, dialogare con le piante, gli animali, gli oggetti, e gli amici immaginari. Chiunque è stato bambino, e dunque è già stato a tutti gli effetti uno sciamano, anche se non lo ricorda più.

Cosa bolle in pentola per lo Smiling Shaman oggi?


Il 12 giugno si inaugura a Milano presso la Galleria Colombo una mia mostra con disegni, quadri e oggetti. Poi sono al lavoro su un paio di libri, e sto curando i servizi dedicati all’arte della trasmissione Cool Tour, in onda su Rai 5.

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