giovedì 20 febbraio 2014

CESARE CATA': Salvando Mr. Banks




Gli antichi racconti fiabeschi e mitologici rivelano ciò che è celato nel profondo di ogni anima. Questo vale anche per le opere di quel cantore, di quel creatore di miti, di quel bardo postmoderno e geniale che è stato Walt Disney. Molti intellettuali radical-chic e molti accademici "anti-sistema" si scandalizzeranno nel leggere una tale profusione di aggettivi per il "mefistofelico" realizzatore di una delle più grandi multinazionali del mondo. Questa stessa gente non comprenderà mai un film stupendo e toccante come Saving Mr. Banks, per la regia di John L. Hancock, con Tom Hanks nel ruolo dello stesso Disney e una superba Emma Thompson, nelle sale dal 20 febbraio.

Il film ci porta nel laboratorio degli studios Disney, non diversamente da come avremmo potuto osservare filologicamente i fratelli Grimm raccogliere dalle antiche saghe germaniche la materia per i loro racconti. E' il 1961, e Disney (che preferisce farsi chiamare Walt) sta da anni alle calcagna di una scrittrice, i cui romanzi lo hanno profondamente ispirato. Lei è un'originale donna britannica di origini australiane di nome Pamela L. Travers (la quale preferisce farsi chiamare Mrs. Travers), e i suoi romanzi hanno per protagonista un'istitutrice di nome "Mary Poppins". Mary Poppins è oggi ben di più di un personaggio letterario e cinematografico. La figura dell'istitutrice (una figura chiave nell'Inghilterra edoardiana in cui i romanzi della Trevers si ambientano) magica, capace di riportare alla gioia, con la sua grazia severa e la sua bellezza incantata, una famiglia sull'orlo della crisi, è divenuta un archetipo dell'immaginario collettivo. Grazie al racconto che la trasposizione cinematografica di Disney ne ha fatto. La pellicola di Hancock mostra sullo schermo come ciò accadde. Lo fa, narrando dell'incontro-scontro tra "Walt" e "la Signora Travers". Lui, il dirompente imprenditore visionario che brama portare sulla scena la storia della fata-istitutrice britannica; lei, la problematica scrittrice che non vuole cedere i diritti dei libri a quel "mercante d'illusioni". Sullo sfondo delle trovate musicali e drammaturgiche che diedero forma al capolavoro disneyano con la meravigliosa July Andrews, scopriamo così la contesa che oppose questi due personaggi così diversi, che il destino ebbe a legare in modo così determinante. La storia  si dispiega con un montaggio alternato, in cui alle scene della Hollywood anni '60 in cui il film venne concepito si alternano i ricordi d'Australia dell'infanzia della protagonista, segnata dall'amore tragico per un padre alcolista morto troppo presto, che nel film ha il volto dell'Irlandese Colin Farrell. Sebbene il montaggio sia alquanto schematico, la narrazione del film funziona e rapisce, nella misura in cui, per raccontare questo spaccato della vita di Disney, è il racconto stesso a farsi dinseyano: aggettivo che, si badi bene, non è un sinonimo di "edulcorato e zuccheroso", come si è soliti pensare banalmente, bensì di "magico e fiabesco". Che è cosa ben diversa.

Nell'intreccio tra l'infanzia della scrittrice e la sudata cessione dei diritti dei suoi libri a Walt Disney (tra i tanti e spassosi motivi di frizione, il fatto che la scrittrice non volesse assolutamente disegni animati nel lungometraggio; né Dyck van Dyck nel ruolo del co-protagonista, che lei considerava poco più di un saltimbanco e non un "vero attore" come Laurence Olivier…oggi fa sorridere non poco pensare Olvier nel ruolo di Bert), scopriamo così la personalità complessa di Pamela L. Travers: questa donna intelligente, coltissima, tormentata, al tempo stesso impeccabile e anticonformista, studiosa del buddismo zen e allieva di Gurdjeff.  Guardando alla sua personalità, il film apre una porta sui significati profondi della fiaba di Mary Poppins: come questa, in ultima analisi, non sia che la storia di redenzione di un uomo perduto nelle assurdità del mondo moderno e tecnocratico, privo di spiritualità e bellezza. Mr. Banks, appunto, che nel lungometraggio del 1964 ha il volto indimenticabile di David Tomlison, e che altri non è se non un fantasma sublimato del padre della scrittrice, anch'egli non casualmente impiegato di banca. Per questo motivo arriva Mary Poppins: per dare senso a ciò che nella vita dell'autrice, segnata dalla morte di un padre vinto dalla vita e dall'alcool, aveva perso ogni significato.

Emma Thompson, una delle interpreti più profonde e talentuose della sua generazione, dà qui una prova d'attore straordinaria (uno svarione dell'Accademy non averla candidata alll'Oscar), in cui varia dai toni commossi a quelli più impassibili con assoluta naturalezza. Al suo fianco, un Tom Hanks credibilissimo nei panni del sornione Disney e un ottimo Paul Giamatti nel ruolo del tenero autista della rigida scrittrice. 

A chi è così intellettuale da essere disincantato questa pellicola dirà poco. Ma chi comprende le fiabe percepirà la bellezza di questo film che giunge a cinquant'anni dal capolavoro di cui ci racconta la genealogia. Chi, quando cambia il vento, è solito attendere dall'alto l'arrivo di una fata con ombrello parlante per risolvere i problemi che ci affliggono, sarà rapito e commosso da questa pellicola. E capirà una cosa profondissima: Mary Poppins non arriva per prendersi cura dei bambini. Arriva per redimere il padre, perso in se stesso, nel suo abisso personale, nel nonsenso della vita. Lei arriva per salvare Mr. Banks.

Cesare Catà

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