venerdì 20 dicembre 2013

LUCA NEGRI: Olivetti e la democrazia senza partiti ma spirituale




“Riconosciamo francamente una mancanza di idee, una carenza di uomini, una crisi di partiti”. Parole d’estrema attualità. Paiono scritte oggi. Invece le scrisse Adriano Olivetti nel 1949. Caduto il partito unico fascista, finita la breve esperienza del Comitato di Liberazione nazionale, cominciava l’epoca dei partiti massa e l’Italia era divisa nelle due famiglie democristiana e comunista. Era l’apogeo della partitocrazia, ma Olivetti vide proprio in quell’apogeo “l’inizio della decadenza”.
Per comprendere la straordinaria attualità dell’imprenditore e pensatore piemontese, le Edizioni di Comunità stanno ripubblicando una serie di saggi: i brevi discorsi Ai lavoratori, il visionario (sia detto come complimento) Il cammino della Comunità e il fondamentale testo che stiamo citando, Democrazia senza partiti.
Olivetti aveva ben chiaro che l’era atomica inaugurata con la fine del secondo conflitto mondiale aveva qualcosa di apocalittico: “o la civiltà si compie, o la civiltà perisce”. La tecnica poteva finalmente liberare l’uomo dalla condanna del lavoro inteso come sfruttamento ed alienazione. Ma tutto dipendeva da come si sarebbe gestito politicamente questo passaggio. Proclamando “il primato dello spirito sulla materia e la conseguente sottomissione dell’economia e della tecnica ai fini e ai criteri politici”, l’imprenditore ed intellettuale piemontese rifiutava le soluzioni offerte dagli schieramenti di allora: i socialisti non erano in grado di rinnovarsi, i comunisti non riuscivano a spiegare la loro “democrazia progressiva”, ovvero come si sarebbe realizzato il passaggio dalla dittatura del proletariato al “regno della libertà”, il partito cattolico riduceva il cristianesimo sociale alla mera adesione al “principio di autorità”. La stessa “democrazia ordinaria” dei partiti liberali era “troppo debole e incline a essere sopraffatta dalla forza del denaro”. Serviva qualcos’altro e sicuramente serve ancora oggi: decentramento amministrativo, autogoverno comunitario, federalismo. E soprattutto una “democrazia integrata” come “nuova idea di sovranità”: a fianco del suffragio universale dovevano esprimersi anche “valori scientifici, sociali, estetici”. In sintesi, valori spirituali, non confessionali ma intrinsecamente cristiani: lo Stato doveva rivolgere la società verso fini spirituali, aprendosi a un disegno che non gli apparteneva perché appartiene “all’ispirazione degli uomini, cioè alla Provvidenza di Dio”.
L’idea di una democrazia senza partiti fu anche di Simone Weil, una delle figure che ispirarono maggiormente Olivetti. Fu infatti per sua volontà che l’articolo della Weil noto con il titolo Manifesto per la soppressione dei partiti politici (riedito l’anno scorso da Castelvecchi) venne tradotto e diffuso in Italia (e lo stesso avvenne con altre opere della pensatrice francese, tradotte da Franco Fortini).
Non solo la Weil, però, ispirò profondamente Olivetti nel suo impulso a ripensare completamente la politica e l’economia, altri nomi che vanno fatti sono quelli di Emmanuel Mounier, Martin Buber e, soprattutto, Rudolf Steiner. Dunque, il suo “personalismo comunitario” era saldamente ancorato ad una vocazione religiosa: democrazia senza partiti ma con molto Spirito.  







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