venerdì 27 dicembre 2013

ANGELA PECCERINI: "Il Piacere" di D'Annunzio, ovvero la pescità



L’analisi astrologica letteraria cui umilmente ci accostiamo verte su uno dei più banalizzati capolavori della narrativa italiana: Il Piacere di Gabriele D’Annunzio.
Testo assai noto, lettura (fortunatamente) imprescindibile nei programmi scolastici nazionali, Il Piacere è sovente vittima illustre di una ricezione distorta, che esaurisce nella vicenda e nelle prospettive del solo personaggio principale la dimensione autobiografica dell’opera.
Giova tuttavia ricordare in questa sede quanto la suddetta banalizzazione esegetica sia da evidenziare quale grandiosa affermazione personale del D’Annunzio stesso, non nella veste di autore, ma di mirabolante uomo di marketing dalle –apparentemente!- imperiture campagne promozionali.
Nato a Pescara il 12 marzo 1863, sotto il segno dei Pesci, il Rapagnetta  presenta caratteristiche di comunicatore assai più estreme e concrete di quanto normalmente ascrivibile ad un segno d’Acqua. Purtroppo non conosciamo per fonte diretta l’ora di nascita del bambino che sarebbe divenuto Vate, dunque ricostruiamo alcune posizioni astrali del suo tema natale (ascendente e pianeti “veloci”) per pura congettura, ma questa caratteristica peculiare di autopromotore insieme geniale e concreto della propria opera sembra decisamente da ricondurre ad un ascendente Vergine (uno dei più lucidi nel lavorare al risparmio sul rapporto tra sforzo e risultato ) e ad un Mercurio d’aria (probabilmente in Acquario , come ipotizzato dalla maggior parte degli astrologi che hanno azzardato una carta del cielo del D’Annunzio).
In effetti la pubblicazione de Il Piacere, nel maggio del 1889, viene portata avanti tramite grandioso battage mediatico. D’Annunzio acquista pagine di giornale per incuriosire il grande pubblico riguardo al personaggio di Andrea Sperelli, il protagonista del suo romanzo, intorno al quale innesca un autentico dibattito, alimentato ad arte con l’affissione per l’Urbe di manifesti con ritratti del pittore e del suo studio. Un’operazione spregiudicata di marketing virale, che sortisce l’effetto di creare un’aspettativa straordinaria nei confronti dell’opera. Alla fine dello stesso anno, Il piacere sarà già alla quarta ristampa.
Ne Il Piacere sono evidenti tanto la lezione dell’estetismo di Huysmans e Wilde quanto l’impostazione narrativa del romanzo psicologico.
Da Controcorrente, in particolare, l’autore mutua l’atteggiamento di osservazione critica nei confronti del protagonista principale: così come dalla narrazione di Huysmans traspare un giudizio etico piuttosto insofferente al carattere e alle vicissitudini del dandy Des Esseintes, così anche lo Sperelli dannunziano è oggetto di valutazioni di tipo morale da parte del narratore.
A differenza dell’Acquario Huysmans, però, il Pesci D’Annunzio è ben poco incline a condannare tout court il modus vivendi edonista della propria creatura, dunque la caratterizzazione dello Sperelli è piuttosto ambigua: non a caso, benché la voce narrante resti la medesima per tutto il romanzo, la prospettiva si alterna spesso tra il punto di vista del narratore eterodiegetico e quello del personaggio stesso, con l’autore celato ora dietro all’uno, ora dietro all’altro, in un continuo gioco di condanna ed assoluzione.
Non solo: è facile riconoscere tratti distintivi della personalità (e della Pescità) dannunziana anche nei personaggi femminili dell’opera, in particolare in quello della Duchessa di Scerni, Elena Muti.
I tratti caratteristici di Elena, fascino, sensualità e carnalità, benché apertamente cassati come volgari dall’indiretto libero del protagonista, non sembrano subire la stessa ferma condanna da parte del narratore, quasi a ricordare che, dal punto di vista biografico, c’è assai maggior consonanza tra Gabriele D’Annunzio e l’arrampicatrice sociale Elena Muti ( che, “possedendo una certa intelligenza, essendo stata educata nel lusso di una casa romana principesca, in quel lusso papale fatto di arte e di storia,  erasi velata d’una vaga incipriatura estetica, aveva acquistato un gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere della sua bellezza, ella cercava, con finissime simulazioni e con una mimica sapiente, di accrescerne la spiritualità, irraggiando una capziosa luce d’ideale ), che non con il conte Andrea Sperelli.

L’astrologia tradizionale inquadra il segno dei Pesci come il più emotivo dello zodiaco.
Segno d’acqua, mobile e femminile, è mutevole nell’essenza, dunque spesso contraddittorio, estremamente incline alle dipendenze, incapace di mezze misure nel relazionarsi ai sentimenti, agli affetti, alle passioni. La sua necessità di sicurezze, quando non si crogiola nel vittimismo, è solita cercare una soluzione nel continuo cambiamento. Coloro i quali, infatti, in un momento d’insoddisfazione non riescono ad applicare questa tensione rinnovatrice a loro stessi, sono spesso portati a cambiare drasticamente l’ambiente o le persone circostanti, rifiutando la realtà nella quale si trovano immersi e fuggendone a gambe levate sia per vie fisiche che metafisiche.
Da questa prospettiva risulta significativa la scelta del D’Annunzio di collocare nella nicchia aristocratica del contesto capitolino coevo, la Roma tardo-rinascimentale e barocca «delle Ville, delle Fontane, delle Chiese», lo scenario della vicenda del tormento esistenziale del conte Sperelli.
Nel frattempo la grande depressione economica in cui alla fine degli anni 80 versa tutto il Vecchio Continente inizia a farsi sentire anche in Italia, con ripercussioni evidenti nell’assetto sociale. La crescente industrializzazione e la conseguente mobilitazione politica delle masse di lavoratori segna un momento di ulteriore distacco tra l’intellettuale e la massa,  portando l’elite artistica ad autoemarginarsi dall’ordinarietà della vita promossa dal nuovo modello produttivo capitalistico,  e ad assumere atteggiamenti eccentrici, provocatori e demistificanti. D’Annunzio realizza l’imminente declino di quella Roma di fine secolo, ed affida allo Sperelli il proprio disagio d’intellettuale ed esteta costretto alla cattività d’un presente in cui pochi sembrano capaci di fruire di valori eterni quali l’arte e la bellezza.
Il rifugio nella mondanità capitolina tra chiacchiere, flirt, ville e palazzi, il culto degli oggetti d’antiquariato, la continua rievocazione artistica e letteraria dei fasti del passato,  lo stile di vita ostinatamente ed ostentatamente retrò del protagonista de Il Piacere –in anni in cui poteva ormai dirsi esaurita la vena revivalista neoclassica- divengono così chiaro paradigma delle opzioni predilette da molti nativi dei Pesci per valorizzare al massimo la propria spiccata sensibilità emotiva, e tramutarla da potenziale tallone d’Achille in freccia infallibile nella propria faretra.
Quei Pesci, infatti, che meglio riescono a sintonizzare i propri canali comunicativi tra il verbale e il non-verbale, sfruttando in maniera consapevole la loro imbattibile predisposizione all’amplificazione della polisensorialità e riuscendo a tradurla in Arte, raggiungono vette stilistiche impareggiabili.
La cura della sinestesia, della sensualità del ritmo e della giustapposizione fonetica, insieme all’autenticità nel cogliere (e la maestria nell’esprimere) “la comunione di sensi e d’animo col tutto” è senza dubbio la cifra artistica più attendibile da ascrivere all’intera opera dannunziana.
E proprio alla luce della sua consapevolezza del fascino esercitato con le parole, diventa interessante interpretare la soluzione narrativa dell’incorporamento nel testo di ampie pagine tratte dal “Giornale intimo” di Donna Maria Ferres y Capdevila come creazione di un feedback ideale  degli esperimenti dello Sperelli (ed -in questo caso- anche del D’Annunzio) di seduzione sinestetica ed addomesticamento intellettuale della sensualità.
Ogni parola scritta nel diario di Maria viene così ad attestare una reazione ideale all’interazione perturbante tra il Sole in Pesci, l’Ascendente Vergine e Venere in Ariete nel tema natale dell’autore, in cui la consapevolezza (virginiana) della seduttività (pesciana) incontra il bisogno di sopraffazione personale (arietina) sulla persona amata.
La fisica insegna che ciò che è liquido assume la forma del contenitore, ed i tre segni acquei non fanno eccezione. Spesso riversano la propria essenza nella forma del proprio ascendente, oppure adottano –con un processo mimetico sbalorditivo- la morfologia delle persone cui si avvicinano. Questo –da una parte- li rende estremamente facilitati ad entrare in sintonia con le persone ed a conquistare nuove amicizie, ma dall’altra ne complica l’autenticità nei rapporti.
La Marchesa Francesca d’Ateleta impersona a meraviglia questo aspetto charmant e conviviale della Pescità. La sua vocazione all’imbastire cenacoli mondani, nei quali riunire intorno a sé tutti i propri amici, oltre che rappresentare la risorsa privilegiata in mano al D’Annunzio per contestualizzare un’incidentalità degli incontri tra i protagonisti del romanzo, rappresenta al meglio quest’attitudine alla socialità diffusa, ospitale e curiosa dei nativi del segno.
In conclusione, possiamo affermare che la carta vincente dei Pesci è proprio l’indole panica, la capacità di comunione sensoriale e sensuale -avulsa dalla logica- con Tutto, e con tutti.
La Pescità è Panismo. Ed il Panismo è Pescità.

fonte: http://www.cainoababele.com/?p=536


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